CREATIVITA'

Si può insegnare la creatività, o si tratta di qualcosa di innato? Io penso che ci siano persone con talento creativo più sviluppato di altre, ma che sia possibile sviluppare in qualsiasi soggetto le sue capacità inventive, quanto meno educarlo a non spegnere e contrastare la creatività di altri.

Accolgo la definizione di De Masi, secondo cui la creatività è fantasia e concretezza. La fantasia è pari all’elica e alle ali di un aereo per farlo volare, la concretezza ne è il carrello di atterraggio, per riportarlo a terra dopo il volo.

Mi ritengo piuttosto creativo, avendo cambiato più volte lavoro e vita, spesso imboccando sentieri ancora poco battuti. Considero la creatività non solo riservata all’attività artistica, ma a qualsiasi attività. Si può dipingere o fotografare in modo non creativo, si può redigere un bilancio in modo creativo (anche se la “finanza creativa” fu una definizione squalificante appioppata dalla stampa alla politica di Giulio Tremonti).
Ho tenuto giornate d’aula, laboratori, corsi sulla creatività e in particolare sull’uso di strumenti e metodi di stimolazione della creatività e di aiuto ad assumere punti di vista diversi di fronte allo stesso problema, come i Sei Cappelli, la SWOT, il brainstorming. il mapping.

La Mappa della Fantasia

Ho dedicato una mappa alla fantasia, mettendo insieme le teorie di Bruno Munari e Gianni Rodari, disponibile in formato postero come opuscolo su richiesta. La mappa è molto utile per inventare storie e situazioni di vario genere, e l’ho usata spesso in corsi sullo scrivere e sullo storytelling.

Un particolare della mappa mostra come gli “ingredienti” della fantasia siano riconoscibili in storie famose e siano utili per inventare le proprie storie. “Barchette di carta” per esempio si può usare nel brainstorming e nella sinettica chiedendo al gruppo: “come sarebbe se il bicchiere fosse fatto di acqua?”, oppure nello storytelling “cosa succederebbe se la guardia del corpo si trasformasse in un persecutore?”.

Lo Story Lab è un metodo di storytelling che ho presentato a Milano nel 2016, e che fonde il “Viaggio dell’Eroe” di Chris Vogler con gli Story Cubes, dadi combinatori per generare storie. Nella foto sono nella postazione in cui ricevevo i visitatori che volevano partecipare al mio laboratorio.

Giochi di pensiero laterale come i Sei cappelli, dadi e carte creative, servono a rompere i consueti schemi mentali, come un treno che esce dai binari e si inoltra in un territorio diverso.

Per quanto riguarda l’aiuto che possiamo dare ai creativi anche quando noi non siamo creativi o non siamo chiamati a produrre nuove soluzioni possiamo ricorrere ai Sei Cappelli, ossia ai sei modi di pensare che De Bono individua, secondo cui il cappello verde è il pensiero creativo, e il cappello nero è il pensiero critico negativo, il bastian contrario, quello che cerca il pelo nell’uovo. Per ottenere un ambiente e una situazione favorevoli alla creatività, bisogna bloccare o controllare il potere di chi indossa il cappello nero, come si fa nel brainstorming dove è vietato disapprovare o criticare le idee che vengono proposte.

Uno strumento per ridimensionare il cappello nero è il why not. Quando viene proposta una novità, e qualcuno – solitamente un dirigente – chiede “perché volete fare questo?” una buona risposta è “e perché no?”. In tal modo è lui che deve giustificare le sue obiezioni, non il creativo che deve “vendere” la sua idea.

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