3. L'immagine goduta

1967
Olio su tela – cm 143×145

Nel quadro vediamo una donna senza testa, una ragazza che si esibisce davanti a uomini anonimi visti di spalle, una ragazza che svetta vincitrice e indipendente nella sua bellezza e intelligenza, come immagine desiderata che si concretizza nella sua completezza. Il quadro fa pendant con “La gioia immaginata”. Se in quello l’immagine era un concetto sospeso, un desiderio da cogliere, in questo quadro l’immagine si realizza, si materializza e si completa.

Il quadro ci presenta una scena apparentemente complessa, ma che si risolve attraverso un processo che, da problem solver quale sono, definirei di sintesi e completamento. In primo piano, l’immagine di una donna, tronca, apparentemente incompleta, invita lo spettatore a “risolvere il problema” della sua figura. Ma lo sguardo si sposta e ci accorgiamo che ciò che manca in primo piano è perfettamente rappresentato sullo sfondo: la donna che svetta, completa e sicura di sé, è l’idea che si concretizza.

L’immagine goduta non si riferisce solo alla realizzazione di un desiderio o alla concretizzazione di una fantasia, ma all’atto stesso della visione come piacere, come capacità di viverla nella sua interezza. L’immagine si completa nel momento in cui la bellezza, l’intelligenza e l’indipendenza della donna si manifestano e vengono percepite nella loro pienezza, nel momento in cui ella cresce volgendo le spalle all’anonimato di uomini che guardano.

Con questo quadro visualizzo la mia concezione del problem solving: un problema è come un’immagine frammentata e incompleta che trova la sua soluzione non nel dettaglio mancante, ma nella visione d’insieme, nella “struttura che connette” come ci insegna Bateson.

La donna come simulacro da vedere e non toccare.

La donna come persona da godere nella sua completezza e concretezza.

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