9. Strozzami, ma d'amore ingozzami

1973
olio su tela . cm 70×96

Il quadro esplora le sfumature complesse e a volte soffocanti dell’amore. L’abbraccio, che a un primo sguardo può sembrare un gesto di protezione, si rivela come una stretta eccessiva, un legame che costringe anziché rinforzare. Il gesto dell’ingozzare, una somministrazione forzata di cibo, diviene metafora di un amore che le persone, pur di non rimanere sole, accettano anche se diventa costrizione, legame tossico, dipendenza l’uno dall’altro.
Se l’abbraccio è eccessivo può strozzare. Se il legame è troppo stretto, non è più qualcosa che rinforza, ma qualcosa che costringe. E l’ingozzare può generare rigurgiti. Tuttavia le persone desiderano amare ed essere amate, e accettano anche il prezzo di costrizioni soffocanti, abbandonandovisi con le proprie illusioni romantiche. L’unica che si libera e osserva perplessa è la ragazza che svetta in alto con i capelli illuminati, avendo trovato il coraggio di stare da sola e di reggersi in piedi senza appoggiarsi a qualcosa o a qualcuno.

Secondo la saggezza zen si deve essere liberi di entrare e di uscire. Il concetto è ripreso da Watzlawick secondo cui possiamo fare qualsiasi cosa, a patto di conservare sempre le nostre facoltà di scelta e non restare intrappolati in situazioni, credenze, idee, pregiudizi.

La ragazza libera e indipendente.

La donna avviluppata nell’abbraccio.

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